mercoledì 31 dicembre 2008

Suoni di campane.

Fischiano i treni,

nel rinverdire

partenze già viste,

lunghe attese e

attimi sfarfallanti

di nebbia al mattino,

Mani infreddolite

nella gelida pioggia,

carezza umida sul selciato,

sui nostri passi

stanchi di strade,

e di abitudini.

Suoni di campane

riscaldano l’aria,

grattugiando i tetti

e ogni incantesimo

privo di speranza.

lunedì 22 dicembre 2008

Frantumo il domani.

Frantumo il domani,

assopito nel cosmo

delle tue braccia,

tra cieli irriverenti

sfiorati dal mare,

snocciolando parole

incomprensibili di luce.

Corre la vita,

allungando supplizi,

scavando silenzi

che sfumano le passioni,

galassie di vuoto,

aquile in volo

tra istinti e miseria.

Immagino passaggi nuovi,

carichi di eterno,

inviolabili e fragili

nel cuore della gente.

domenica 14 dicembre 2008

Profumo di te.

Ha il colore

della tua pelle

il mio sogno,

il profumo

dei tuoi sguardi

la notte insieme,

orme lievi

che scaldano

ogni angolo

del mio mondo.

Ho assaporato

confini epidermici,

distese sicure

dove la memoria

è desiderio,

comunione dei sensi.

Mi è sostenibile

l’augurio di

ritrovarti comunque

lungo i tuoi passi,

sulle tracce

di pensiero,

senza il rischio

di annegare solitario,

retorico filo

di un gomitolo

srotolato

sul selciato

dei giorni.

lunedì 8 dicembre 2008

Giamyr

Ho voglia di te,

dei tuoi momenti,

dei tuoi cieli pacati

nel frastuono dei giorni.

Ho voglia di te,

dei passi vissuti

come soffio,

feconda linfa

che alimenta

il respiro

dei miei giorni.

Ho voglia di te,

dei tuoi sorrisi

e del silenzio

negli istanti vuoti

prima di riabbracciarti.

Ho voglia di te,

di nuove lune,

di continue emozioni

ad ogni risveglio,

Ho voglia di te,

amore mio,

in questo tempo

che vorrei eterno,

e solo nostro.

martedì 2 dicembre 2008

Accendo lo sguardo

Accendo lo sguardo

sull’ultimo orizzonte,

di angoli inerti

e nude fontane.

Sullo sfondo,

diafane fanciulle

solcate da sorrisi,

da inni di pace,

privi di rimpianto.

Solo il fiume

addolcirà le ore,

ogni notte

dopo un’altra

ad aspettare,

ansie di irrisolte

consuetudini e sogni

di nebbie colorate.

Ai nostri occhi

tenero è il desiderio,

di baci sussurrati,

di parole versate

sullo stagno

dell’anima.

sabato 22 novembre 2008

Altre felicità

Sul mattino invisibile

i silenzi scoprono

contorni e limiti,

il girovagare eterno

del mio spirito

annienta distanze,

luoghi e colpe,

trambusto affievolito

di paure e volgarità.

Nulla mi distoglie,

da attimi curvi

sul ventre dell’irreale,

come istanti e

fondi d’ esistenza

riassaporati nel

perpetuarsi dell’ombra,

inclini sguardi

al desiderio svanito

di altre felicità.

mercoledì 12 novembre 2008

Ruggine

E’ tinto

di ruggine

il viale

dei giorni:

martellante

sgorgare

di ruvidi incroci ,

indistinto sentiero

di coscienze.

Colmo i sogni

nell’allegria,

inseguendo emozioni,

avvinghiato solco

di gesti

e sospiri.

Irripetibili sagome,

alba di parlanti

e di cemento.

Strade fumanti

di pensieri,

di notti

che svaniscono

prima di nascere,

di canti

solitari

nel ventre

dissestato

di tante vite.

martedì 4 novembre 2008

Sussistenza

Sfioro panni

di nebbie

sui declivi

a valle,

nuda solitudine

che stringe cerchi,

materia e anima

che riluce

e ondeggia,

in virulenti fraseggi.

Ho malavoglia,

di subissarmi

nel tuo canto

di motivi derisi

alla deriva,

di freddo,

di nuove lune

e catene

di peccato,

nel riscritto

corollario di

sussistenza.

sabato 1 novembre 2008

Capelli sul lago

Guardo i tuoi

passi fermi,

grigie orme

sulla sabbia,

volto proteso

nel vento.

Mani indomite

a sfidare

il destino,

lungo il fiume

di pensieri,

inquietudine

senza luogo.

Ricordi la luna?

In quella sera

d'agosto

illuminava

i nostri sogni,

un bacio

di emozioni,

e quel senso

d'infinito.

I capelli sul lago

a custodire

l'attimo,

a cristallizzare

domande

e paure,

e irretire

ogni spirito

avverso.

sabato 25 ottobre 2008

Accordi

Cirri di ali

per issarmi lento

sui tuoi rivoli di paura,

in un mattino stanco

di passi e discordanze,

innumerevoli scuse

al declinare di ombre

e angosce ubriache:

graffianti verità.

giovedì 16 ottobre 2008

Risacca dei giorni.

Sul crinale gonfio

di attimi disperati,

sintesi di elusi ritmi,

svolgo le funi del destino,

impolverati ricordi

mossi al ponente,

risacca dei giorni e

canto vinto al ruminare

di versi saltellanti

insorgenti di empie

solitarie vanità.

giovedì 9 ottobre 2008

Percezioni

Annuso ore

calde di

speranza,

anelando

sorsi di

esistenza,

involuti sguardi

sul binario

del tempo.

sabato 4 ottobre 2008

Orizzonti

Respiro a fatica i tuoi pensieri,

nel vento intriso di dolore,

agghiacciante soffio di vita.

Non mi fermo a riflettere

su questi disordinati flutti,

tra enigmi e certezze.

Il peso degli inganni,

ha sovvertito il tempo

nella veglia del destino.

All’orizzonte scaglie di parole,

umide giostre di suoni,

saltuarie essenze.

Risuona canto solingo,

di affievolite similitudini

in embrioni di memoria.

sabato 27 settembre 2008

Autunno

Pioggia tintinna dolcemente,

disfatte gocce, lontani sguardi

di pensieri brumosi, incalzanti.

Repentini sorsi di memoria,

sovrapposte immagini, grida

nell'ultimo sussulto d’estate.

Mare che intorbida l'umore,

rovinoso nell' incedere,

di onde impazzite e schiumose.

Miti respiri sulla sabbia,

antiche lune opalescenti,

smerigliate dallo scirocco.

Voli leggeri di gabbiani,

confusi nell'aria di pioggia,

narici fumanti di caldarroste.

Sul selciato colori e foglie,

terra umida di mesi trascorsi,

di gesti carichi di nuvole.

martedì 23 settembre 2008

Occhi

Occhi sul davanzale dell’anima,

a scrutare gigli nella memoria,

a frustrare intenti anonimi.

Occhi che pregano per assecondare

la sete di confini oltre l’aria,

sfogo di lucidi sensi e ritorni.

Occhi nel pianto, vittime assenti

di lontani rituali e gogne,

di vite calpestate nel cemento.

Occhi senza vista, immersi ancora

nel liquoroso ristagno dei sogni,

di destini allacciati tra i rovi.

Occhi stanchi di ignare migranti,

nel vespro irrisolto di anime,

di antiche palme avare d’ozio.

lunedì 22 settembre 2008

Sila

Ho ascoltato a lungo il vento,

tra pini e sagome infinite,

sollevando lo sguardo nell'azzurro.

Salgo il muro oltre le verdi felci,

che nascondono vita e profumi,

sfondi cari di luoghi millenari.

Nel salto a valle corre il fiume,

allo sguardo la mia anima spazia,

si libra come spirito proteso.

Sul Gariglione i miei passi stanchi,

sfidano il vento affievolendo

ogni coraggio , le certezze vinte.

La Sila mi affascina, sorprende,

con i colori, sfavillante sogno,

fonte di pace e di orizzonti.

Nel brusio del crepuscolo, faggi

ammantati di neve e silenzio,

a colorare ogni infinito.

domenica 21 settembre 2008

Coscienza e colpa.

Nel giorno che muore,

sovrastando vuoti,

soffio amarezza.

Tra bagliori vivi,

nuvole di pianto,

siedo esanime.

Frantumo i sogni,

per riporli ora,

nel tuo spento sguardo.

La parola solca,

ogni mio gemito,

coscienza e colpa.

Cado attonito,

desolata vanga,

onda e deserto.

Sul ventre rigonfio,

il peso dei giorni,

grondanti di luce.

Nel buio tormento,

una goccia si posa,

scavando l'anima.

giovedì 18 settembre 2008

Apocalisse

I miei occhi fissi sopra il cielo,

a dispensare sorrisi tra nuvole,

a immaginare sogni di parole.

I suoni racchiusi nelle mie mani,

a contenere sorgenti di speranza,

e mietere sospiri ed emozioni.

La luce frantuma i nostri inganni,

spolverando leggera ogni paura,

nell’umido mattino privo di sole.

Ancora una volta addento l’aria,

nel frastagliato e incolto presente,

sfioro ombre intessute di miseria.

L’anima stanca attraversa l’estremo,

inutile lembo risuonante d’immagini,

di note scadute nell’avverso ostro.

I passi riflettono ogni mio sfogo,

ogni eccesso dell’ansia di vivere,

respirando ossa e fiumi di sangue .

venerdì 12 settembre 2008

Passioni

Gli occhi stanchi nel mite mattino,

i miei passi sui tuoi inganni,

sul selciato ruvido di parole.

Non ricordi il fiore degli anni,

estati interminabili, luci,

carezze rubate al crepuscolo.

Le onde schiumanti di salsedine,

sull’arenile della mia vita,

a offrirmi pensieri e supplizi.

Le mani nude immerse nel caldo,

abbraccio di un istante eterno,

soffio di anime irriverenti.

La memoria riveste ogni callo,

sussurra ancora la sua canzone,

irrisolto scenario di passioni.

mercoledì 10 settembre 2008

La fontana della vita.

Ho immaginato un grande vecchio,

sulla scala in pietra del casale,

a elargire amore e pace,

a disperdere ogni soffio d'ansia.

I suoi occhi stanchi e trasognati,

nel vento d' un mattino assolato,

la barba fluente a racchiudere ,

parole mai pronunciate, caduche.

Nella fontana della vita, tempo,

che sfuma i ricordi, le passioni,

inganni che annientano il silenzio,

come i rintocchi del tuo domani.

Nella piazza affastello i pensieri,

in lunghe strade percorse dal buio,

dolore e sangue, iniquo apparire,

alle spalle folate di speranza.

Mi abbandono al cieco destino,

nell'infinito sussulto dell'anima,

stanco telaio di trame vissute,

di croci racchiuse in un perdono.

martedì 9 settembre 2008

Incolti sogni (dedicata ad A.A.Gatto)

Passi lenti a toccare le nuvole,

incolti sogni, eterni gesti oltre,

soffi , ansie, nel contrastato presente.

Questi vecchi hanno sete di ricordi ,

sospingono pensieri grondanti fame,

nella calura che annienta sospiri.

Il sole morde i contorti tornanti,

ogni speranza di uomini soffocati,

vittime di lotte e miseria grama.

Nino scalza il chiodo dalla memoria,

riemerge stanco a imbastire reti,

vinto dalla salsedine e dal fumo.

solo il fiume a frenare ogni sogno,

con l’acqua che irride ogni mio istante,

senza meta: annunciato espatriare.

Sogno

Come aquila sfreccerò,

nei tuoi cieli senza segni,

immane sogno di luce.

Il mio volo coraggioso,

annullerà le coscienze,

al vento di ricordi lontani.

Sarà dolce rivederti,

specchio del tempo che fugge,

senza freni nel deserto.

Colorata negli steli,

l' anima del nuovo canto,

intessuta di memoria.

Accadrà ancora, dopo,

i miei piedi sentiranno,

il calore del giorno.

Abbracciati alle onde.

della nostra innocenza,

ricominceremo insieme.

Nel mattino, i pensieri,

si smorzano sottovoce,

nella piega del rimpianto.

martedì 2 settembre 2008

Oltre lo sguardo.

Oltre lo sguardo bianche dune,

posate sul crinale del futuro,

sul mare indorato dai ricordi.

Nel lungo corridoio dell’anima,

sei luce e risveglio d’amore,

flessibile sagoma di eleganza.

Sul muro dei passi abbandonati,

sei musica lieve del nostro canto,

danza e voce nell’incantesimo.

Corro nel destino nudo di vita,

assiepato sul margine dei colli,

riflesso indistinto dell’eterno.

Alla sera i minuti sono luce,

immergo nell’aria i miei sogni,

per sentire il fiato delle stelle.

sabato 30 agosto 2008

E' luce il mio domani.

E’ luce il mio domani,

paesaggio assolato,

di luoghi senza guerra.

E’ pace nei cuori stanchi,

emarginati e soli,

solcati dalle lacrime.

E’ sinfonia celeste,

ogni tuo segno d’amore,

ogni scampolo di vita .

E’ sospiro di speranza,

il tuo nuovo perdono ,

a chi ha negato gioie.

E’ approdo di anime,

il tuo cielo senza fame,

tra suoni e alleluia.

mercoledì 27 agosto 2008

Rimpianto

Ho ascoltato il suono del vento,
senza disperdere molti sussurri,

ho asciugato quelle mie lacrime,
con il lenzuolo della tua anima,

ho pregato nel dolore del dopo,
bisbigliato ricordi nel silenzio,

Ho sceso le scale della memoria,
per riappropriarmi di ninne nanne,

preso per mano nel solco dei padri,
per non disperdere la luce dell’infanzia,

adesso è flebile ogni forza ,
negli occhi svanisce il domani,

sento il rumore dei tuoi passi,
la voce calda sfiora il mattino,

le campane ritmano i rintocchi,
con i vecchi intenti alla noia,

consumo lo spazio dei sentimenti,
sospirando un ultimo saluto.

lunedì 25 agosto 2008

Delirio di vita

Nel libro della vita,

come antichi sussurri

le parole solcano

il silenzio, anime

rivestite d'eterno,

sogni affastellati,

cesti di memoria

sottratti al destino.

Nel giorno che verrà

Nel giorno che verrà ascolterò,

insoliti sussurri senza grida,

inni d’ amore nel solco segreto .


Nel giorno che verrà ascolterò,

nel silenzio voci delle anime,

candide e prive di sofferenza.


Nel giorno che verrà ascolterò,

suoni di antiche fiabe e nenie,

donate ai bambini per la nanna.


Nel giorno che verrà ascolterò,

nel vento un soffio di rugiada,

racchiuso in ampolle di corallo.


Nel giorno che verrà ascolterò,

il verso dolce delle tue parole,

già immerse nel mattino adorno.



Nel giorno che verrà ascolterò,

ancora il suono degli angeli,

per un sospiro di vita eterno.

sabato 9 agosto 2008

Solitudine

Immergo il sorriso nella memoria,
sperando di riemergere un bel giorno,
di riaffiorarti nell’anima per una volta.

Scandisco il tempo con ritmo lento,
le canne al vento simulano sogni,
in questo torbido rigurgito d’ansia.

La tua assenza colora di nero l’aria,
colmando il vuoto con segni e pianti,
solcando il senso di questa mia vita.

Quanto è dura questa strana attesa,
perdo le forze in questo abbandono,
riscopro paure di un tempo andato.

Il silenzio scalfisce anche il dolore,
mentre il buio diventa esplosione,
di noia, di inoffensiva passività.

martedì 1 luglio 2008

Voragine

Ho asciugato il tuo pianto,

nel profondo della mia anima,

come goccia di rugiada che evapora,

nell’essudato mattino di Aprile.

Ogni illusione è sofferenza,

riflesso nella silente realtà,

speranza nel risveglio,

brama di luce e sogno.

L'ansia e il rumore svaniscono,

nella valle dei ricordi,

l’inganno ha fermato i miei passi,

prostrato ogni sicurezza.

Arrembante figura di ossa e materia,

sono fiore inerte senza stelo,

effimero contatore del mio tempo,

solo ombra nel deserto della vita.

Perdono

Il mio passo è stanco,

preda di millenarie storie,

di contorni mai esplorati.

Assaporo il vento dei tuoi sguardi,

preservati nel destino comune,

capaci di solcare i miei sentimenti.

Le unghie raccolte e imprecanti,

in una tenera preghiera,

un volto, cento antiche abitudini.

Mani che sfiorano le ali della vita,

intimorite e tremule al perdono,

luci senza tempo sull'altare dell'anima.

venerdì 27 giugno 2008

Fiore di luna

Fiore di luna che lieve si posa,

muto e dolce collirio di vita,

specchio di solitudine senza fine.

Calendule stanche alla vista,

sorrisi e risposte che attendono,

domande inique, mai poste.

E' fionda il mio inconscio,

scagliato sul dorso dei tuoi anni,

passato nel vincolo terreno.

E' sangue la mia linfa,

materia e sostanza attiva,

corporalità nel guscio dell'intelletto.

Nuove percezioni che incalzano,

relitti di uomini che travalicano,

una, cento barriere nell'assenza.

Mi sforzo di esistere,

nello sprovveduto divenire,

nel grondante magma cerebrale.

sabato 21 giugno 2008

In ricordo della nonna Maria.

In ogni persona è sempre presente un punto di riferimento, un esempio al quale si rivolge lo sguardo e nei momenti di difficoltà ci si protende per avere un aiuto. Personalmente ho avuto anch’io nel corso della mia esistenza, in differenti epoche cronologiche, dei modelli o meglio delle persone a cui devo moltissimo perchè mi hanno inculcato i fondamenti della ragione e della vita. Molto spesso queste figure si vogliono identificare nei propri genitori, no.. nel mio caso è diverso perché la persona più importante dei miei primi 21 anni di vita è stata mia nonna Maria. Non posso dimenticare la nonna, una donna eccezionale a cui la vita aveva sottratto il marito ( Francesco) all’età di 47 anni, la sua sensibilità e il suo affetto hanno rappresentato per me una favola bellissima, preservata e diventata scrigno inviolabile nell’album della memoria. Ho vissuto al suo fianco dall’età della prima adolescenza fino ai 21 anni, ho condiviso la stessa stanza dormendo vicino e imparando a recitare le preghiere della sera. Nei momenti di depressione la nonna rimpiangeva gli anni belli con il nonno, arrivando talvolta a fargliene una colpa per averla lasciata su questa terra da sola. Ho ricevuto da lei tantissimo amore, nel vedermi ogni giorno quando tornavo da scuola i suoi occhi si illuminavano e la sua voce cambiava tonalità e timbro facendosi melodiosa e ricca di sentimento. Ogni istante della mia vita in cui ripenso a lei diventa soave, il cuore si libera dalle angosce quotidiane e batte ancora più forte, per me lei è ancora al mio fianco e prega ogni giorno per me e per i miei figli, il tempo non ha cancellato il mio affetto per lei e la gratitudine per avermi dato insegnamenti e felicità. Tante volte, spesso, ai primi anni d’Università tornavo a casa e la prima persona a cui rivolgevo il mio abbraccio era lei, capitava di rado vederla in lacrime perché mi trovava dimagrito e sottopeso e in pensiero per la mia salute. Mi coinvolgeva con le sue premure, con le attenzioni giornaliere, con il suo amore dichiarato rispetto ad altri nipoti: io ero il suo preferito, e questo si scorgeva palesemente dal suo sguardo e dalla bellezza dei suoi sorrisi. Il sentimento che alberga nel mio cuore è senza fine, a distanza di 27 anni il ricordo di mia nonna è intatto, come intatto è il suo amore nei miei confronti e l’attenzione che da lassù mi rivolge, anche con le sue preghiere.

L'innocenza perduta!

Adesso è sera, il silenzio taglia l’aria stagnante nella valle in cui il mio sguardo da bambino esplorava mondi apparentemente sconosciuti; il calar del sole spegne gli ultimi bagliori tra le “rughe” nascoste del paesino. Ho sempre la stessa visione nella memoria, gli striduli e sognanti echi di bambini giocosi che si addormentavano con il loro giocattolo preferito tra le dita, presente al loro successivo risveglio per dare un senso ai momenti di svago, racchiusi in uno scrigno ideale che non disperdeva mai le profonde sensazioni ludiche e l’allegria per quell’infanzia dorata. I nostri vecchi nonni, gli angoli cercati e visitati, il migliore amico di sempre al nostro fianco per riuscire a testimoniare la felicità che invadeva le nostre anime pure. Mi mancano quelle emozioni, quei cieli nei quali il nostro sguardo cercava gli aquiloni della felicità, l’umore sano dei miei amici intenti con me a giocare a pallone nel solito spiazzo sotto casa, quanto era celestiale la nostra età verde, priva di problemi e di ipocrisie, ricca invece di speranza e di amore verso il nostro prossimo. Sono passati 40 anni ormai, e nella cesta dei ricordi emerge sempre quell’indimenticato bagaglio di cose, quel ricco bouquet di fiori che la vita offriva ogni giorno; le verità più tardi avrebbero condannato solo alla memoria il passato e cancellato la vita del desiderio. Oggi nella realtà, nel sacrificio che la quotidianità impone, il mondo cangiante e kafkiano illude e confonde l’animo rinnegato, si sofferma forse il vivente sulla sua esistenza? La vita corre, per i bambini e per gli adulti nello stesso modo, con la stessa frenetica e ossessiva forza distruttrice, facendo distrarre chiunque dal suo profondo e inequivocabile obiettivo, da quale senso attribuire a ogni esistenza. In questi momenti il ricordo dell’infanzia sprigiona nel mio corpo le fragranti note di quel vissuto, assaporo come in un film le emozioni e la bellezza di allora per sentirmi ancora legato alla vita, per cogliere con gli occhi del passato alcuni aspetti di oggi.

Infanzia

Ho lasciato il viale del tramonto,
con le foglie illuminate dai raggi,
e le strade inondate di luce rossastra.
Ho respirato l’aria felice dell’infanzia,
salutato le rondini liberarsi dai tetti,
correre e sperare nel gioco del domani.
Ho baciato le mani di mia nonna,
dopo una carezza e una sua preghiera,
per un suo sorriso ricco di amore.
Ho calpestato foglie e acini odorosi,
nella vendemmia della vita,
per spegnere il mio dolore.
Ho pregato il Signore mio Dio,
per sorreggermi alla fine dei miei giorni,
per donarmi la sua luce e il perdono.

domenica 15 giugno 2008

Sentimento.

Quanti giorni ho atteso,
senza spiegarmi le parole,
senza il verso dei tuoi passi.
Con le mie vane certezze,
senza il segno di un'amore vero,
sotto un francobollo di parole.
Il fiato sul corrimano della vita,
con ancore di polvere nell'anima,
vinto dai miei ossimori esistenziali.
Sull'uscio dei ricordi adombravi come fiore,
vitale dispensatore di essenze e colori,
di frammenti felici e fragranze infinite.
Timida è la luna che ovatta il mio silenzio,
i nostri respiri condensati e stanchi di sogni,
tinte e riflessi intrisi di malinconica attesa.
In piedi il mio sguardo penetra nella nebbia,
colmando di gesti ogni istante senza luce,
cancellando le orme del tempo non vissuto.

lunedì 19 maggio 2008

Ritrovarsi

Ho chiuso nel tuo domani i miei tormenti,

ho custodito i sogni nel mio mare,

è senza tempo questa voglia di perdermi,

è senza spazio il desiderio di te,

non spengo la fiamma del tuo addio,

attendo, calmo, le dita del perdono,

il gusto del ritrovarsi.

giovedì 1 maggio 2008

Illusione

Nel giorno che muore sovrastando le illusioni,

anch’io sospiro ingoiando rigurgiti di amarezza:

è desolata la mia anima senza bagliori e speranze.

Occupo pensieri vuoti, come nuvole sterili di pianto,

mentre ricordo ancora il sapore dei tuoi sguardi vivi,

il calore dei baci che adesso svaniscono sfiorandomi.

Siedo esanime aspettando il momento di fuggire,

di scandire i sogni per riporli nel libro dei rimpianti,

fingendo che la coscienza abbia ancora un risveglio.

Le tue parole solcano come lame gelate il mio cuore,

e cado attonito senza conoscere le mie colpe,

nel grido soffocato che frantuma questa esistenza.

Ricorderò sempre la tua antica voglia di appartenermi,

il soffio di vita che destava in te ogni mio desiderio,

e silenti e ricche fontane grondanti di sentimento.

mercoledì 23 aprile 2008

Alfio

Calpesto bolle di vetro per infrangere solitudini,
passi lenti a sfrangiare le nuvole di incolti sogni,
è sera nel giardino a cui lo sguardo immola gesti,
penso, soffio, ansimo, nel litigioso errare stanco.

I vecchi sulle panchine hanno sete di ricordi e pace,
sospingono pensieri sul ciliegio grondante di miseria,
la calura annienta i sospiri e tace senza nessun suono,
la fame scalpita nei contorti tornanti incollati al suolo.

Alfio ha levato il chiodo dalla parete della memoria,
suda senza sapere, senza supporre il perchè di quanto,
abbrutito dalla salsedine e dalla voglia di fumo e noia,
solo il fiume a solcare la continua ansia di abbandono.

Immergo le mie sensazioni nella fretta di sparire via,
e una ad una le parole rare nello scrigno dell'emigrante,
un fazzoletto di terra racchiude ogni mio istante di vita,
nell'amaro risveglio di un addio, annunciato espatriare.

lunedì 14 aprile 2008

Sono voce.

Sono voce nel deserto assolato della tua anima,

umida traccia per non disperdere la tua memoria.

Sono albero nel freddo della tua viva coscienza,

acqua silente negli anfratti del tuo senso di vuoto.

Sono terra e mosto, lama e fune nel baratro dei pensieri,

spazio e vita nei miei giorni insieme a te.

Sono ancora illusione per ingannare i nemici,

gemma e talea per rinnovare le mie radici.

Sono anche cuore e perdono, speranza e rimpianto,

rostro e lancia per speronare la corazza dei potenti.

Sono ansia e sentimento per la mia voglia di amare,

riverbero di luce per carezzare le pieghe del tuo viso.

Sono tempesta e fulmine per punire i torti e le angherie,

sospiro e soffio per sussurrarti le parole del mio cuore.

Sono morte e eclissi per sollevarti dai miei tormenti,

essenza e gelosia per farti capire che mi appartieni.

domenica 13 aprile 2008

Ipocondria

Scendo le scale del mio domani in silenzio
calpestando vecchie orme cariche di nebbie

la tua mano è sempre ferma sul mio cuore stanco
a riscaldare emozioni rapprese e sparite nel buio

Nella ruvida materia sulla quale ripongo le mie ansie
il sentimento è traccia nel deserto della tua anima

Il fuoco è flebile soffio, agognata ampolla di speranza e luce
proposito per rinnovarmi e carpire al volo la tua ipocondria

Ti scorgo intenta a tratteggiare archi di vicissitudine
a distendere lenzuola di preghiera sui miei pianti

A masticare foglie nel tuo diniego, senza dardi e ferite
ascoltando il sussurro che scende mesto dalle mie labbra

I miei passi ribattono la terra isolando l'eco dalla valle
e il freddo annienta subito la mia voglia di riaverti.

domenica 6 aprile 2008

Uno Sguardo (dedicato a A.B.)

Ho rivisto indietro il mio tempo, le giornate inutili,
ho sommato le ore di speranza in catene di pianto,
senza fermarmi nell'urlo disperato della coscienza.
Gli anni che lentamente sfinivano i sogni, e la luce
nei tormenti che alienavano ogni sentimento nel vuoto,
privato di sorrisi e di stagni dove annegare i pensieri.
Soffocavo il mio senso di impotenza e camminavo,
i passi stanchi di chi cerca un appoggio nella vita,
di un uomo serrato nel dolore che impone sofferenze.
In fondo alla vita, dove la miseria frantuma il coraggio,
e dove la voglia di non esistere è consolazione e stimolo:
ti incontrai, il mio cuore ritrovò la voglia di amare e sorridere.
Rivedo ancora il tuo viso, e la tua voce che mi ridesta sempre,
come vento caldo sulle spighe prima della mietitura d'estate,
eterno baluardo, scrigno di scienza e umanità senza fine.
Sorrido alla tua vista come ieri, illuminando il mio volto felice,
snocciolando ricordi e preghiere nel fiume di gratitudine,
seduto a vivere e gioire nel presente che tu mi hai donato.

sabato 15 marzo 2008

Poesia (a Nino Gatto)

IL CIELO SOPRA MIRTO


Il cielo sopra Mirto è luminoso come la tua anima poeta,

sulla strada che sfiora i declivi ho sparso il seme del ricordo,

sbadiglio nel pomeriggio assolato, carico di sogni e di mimose.

Mare e sole, anfratti nascosti pieni di storia e miseria,

braccia robuste piegate sui campi, spezzati dalla fatica,

occhi generosi alla ricerca dell'ultimo sorriso alla sera.

Quanto è bella la tua terra, ridestata nel mite mattino,

profumata e colorata dai fiori che ne fanno da contorno,

eterno specchio di conforto nella gioia sospesa sui colli.

Che paesaggi, sconfinati cieli al di là dei tuoi sospiri ,

lune nuove, fragranze e suoni di memorie incancellabili,

aneliti di luce, profumi di zagare e di transumanze.

Terra di ragazze e di amori, di tradimenti e albe maestose,

di eterni e sopiti dilemmi, di spazi come destini senza tempo,

terra e anima, idillio senza fine nel solco sferzato dal vento.

Poesia


Clessidra


Incateno le ore alla clessidra del tempo
osservando ancora il cielo fermo sui nostri passi,
e le nuvole che stanche sfumano le nostre illusioni.
Tutto si allontana, in una pace mistica e onnivora
il desiderio di tè muta le mie paure e l'ansia
e la luce come bagliore acceca la mia sete nel mattino.
Quale nube può isolarmi dal mio destino?
Sogno o materia che alternano la sostanza
nel divenire nostalgico dei momenti a me cari.
Il mio ego è sospeso nel tempo, cangiante e vero
sul baluardo della vita eretto e insostenibile
come traccia nel vento assordante che si diffonde.
Lungo le strade angosciate dalle auto e dai passanti.
sospiro ancora nel vederti dinnanzi a me, solitaria,
in teneri gesti che odorano di vecchie essenze.
Sulle scale di pietra ho congelato fiumi di parole,
ho sgranato i lunghi momenti di indissolutezza
offrendo petali di sorrisi al volto della tua anima.

Poesia



Terra


Ho solcato il mare del desiderio per annientare la mie paure,

e abbandonato questo cielo per isolarmi, smarrito nella notte,

dov’è il destino che ho pensato, i timidi venti che lo annunciarono?

Ancora son qui, tenebroso e schivo nella gabbia dei ripensamenti,

lontano dai tremori che l’ansia di morte mi sventaglia sulla pelle.

Traccerò un lungo arco di emozionanti fuochi, di canti e sorrisi,

nel mutare dei gesti e nella cantilena fioca di un viandante arabo,

senza luoghi e memorie, solo con un senso nel diluvio delle polveri.

Nel dominio che incalza le vetuste pose inaridite dallo scirocco,

cammino in ginocchio per sovrapporre le membra alla terra nuda,

per respirare la materia fonte di primordiale creazione, di pace.

lunedì 3 marzo 2008

POESIA



Natura



Guardo il cielo, appena solcato da gabbiani senza rotta,

Guardo il mare, la sua schiuma e le onde cavalcanti l’infinito,

Guardo i fiumi, i laghi, senza abbandonare il limite terreno delle cose,

Guardo te natura, madre premurosa che elargisci ricchezza e vita.

Dono prezioso e sacro, immagine e sostegno per il popolo della terra,

nel tuo grembo avvolgiamo i nostri sogni, disperdendoli al vento,

nel momento in cui ritorniamo a te, nudi e pieni di speranza.

Il miracolo che ci accoglie dalla nascita in poi è fonte di vita,

nel tuo ricco splendore la grandezza di Dio nostro padre.

Terra che pulsa, che risveglia e alimenta, che affascina

Terra insieme di luoghi e civiltà, di pace e povertà,

di Angeli senza tempo e di madri senza sorriso.

mercoledì 27 febbraio 2008

Poesia

Risorgere

Salgo i mille gradini che mi separano dal tuo cielo,

oltre orizzonti di pietra che scheggiano il silenzio,

nella fuliggine dei ricordi e di desideri inappagati.

Migrerò in un pomeriggio nebbioso, al tuo cospetto

sulla via che inerpica al monte, in un sussulto di fede,

solo preghiera nell'amore irrefrenabile alla tua presenza.

Desterò queste mie membra, oltre la soglia della sofferenza,

verso destini incruenti, per gioire con te padre onnipotente,

nel calice dell'anima vi annegherò il mio pensiero per risorgere.

Adesso sembra che il tempo rallenti, minuti interminabili sibilano

nell'ovattato candore di distese soavi, di indistinguibili sagome,

oasi di pace, accordi luminosi di titaniche forze e sospiri eterni.

.

sabato 9 febbraio 2008

Eternità e cosmo!

Quante volte il pensiero dell’eternità ha lasciato nei nostri cuori un vuoto, un mare di domande a cui non si è in grado di dare delle risposte oggettive e credibili? Cosa è l’eternità? Un concetto che sembra a tutti noi un’astrazione o un aspetto della nostra percezione irrealizzata e quantificabile, un dogma a cui nessuno dà spiegazioni. Posso cercare di spiegare, a livello personale e senza nessuna ambizione di convincere gli altri, questo enigmatico aspetto temporale che nella sua più precipua essenza offre illimitati orizzonti alla nostra immaginazione e al nostro intelletto. Il concetto di eterno può essere assimilato per ovvie ragioni a luoghi comuni, a metafore lessicali per indicare qualcosa che si ritiene “ sine die”, al tema cattolico di una vita eterna dopo la resurrezione, all’idea del cosmo come entità senza fine e capace di contenere forme di vita illimitate e differenziate in uno spazio temporale sconfinato. Certamente codesto principio riemerge continuamente, nel quotidiano rincorrersi di aspetti o similitudini adottate per sottolinearne l’espressività e la sublimità dell’eterno divenire; immagine che diventa pietra di paragone per identificare il limite stesso delle giornate o delle ore trascorse. L’Ipotesi della temporalità senza un epilogo finale è applicata con maggiore forza e persuasione al giudizio della realtà cosmica, in astronomia questo "modus operandi" è contestualizzato e visto in aspetti effettivi più dilatati comprendendo lo spazio e la durata di corpi celesti, talvolta le distanze tra i pianeti misurate in miliardi di anni luce. Tale ampiezza di osservazione impone a tutti noi un allargamento del pensiero, delle capacità cognitive e del concetto stesso di illimitata durata. Nella teoria supposta in precedenza, collegata a una miriade di applicazioni, sorge spontanea la domanda: l’uomo che ruolo ha in siffatta configurazione temporale? Potrà l’essere umano influenzare l’ incommensurabile e inalienabile ordine di un cosmo apparentemente senza limite? L’Eternità può essere spiegata da una creatura come l’uomo che ha già un limite, imposto alla nascita dalla sua stessa natura (regola divina) che lo vuole essere mortale e quindi poco incline a esprimere giudizi oltre il proprio scibile terreno? Solo Dio ha le risposte, la chiave per decifrare la grandezza del creato.

venerdì 8 febbraio 2008

Poesia: Un giorno senza luce.

Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
per scoprire di esistere nel buio.
Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
per amare anche il tempo che passa.
Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
per sorridere al giorno in punta di piedi,
Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
e lunghe ali di gabbiano per sognare,
Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
e l'anima di poeta per abbracciare l'eterno.
Un giorno senza luce avrò i tuoi occhi,
e la memoria di un tramonto insieme.

venerdì 4 gennaio 2008

Il maestro gentiluomo.




Nei primi anni ottanta, ero solito recarmi con mio padre a Cortale, paese che mi affascinava sia per la sua posizione geografica che per la gente ancora radicata alle sue origini rurali. A Cortale viveva il Maestro Andrea Cefaly (allora ottantenne) che io conoscevo solo per fama, e dalle parole di mio padre che ne elogiava e sottolineava le grandi doti umane e artistiche. La prima volta che mi trovai al suo cospetto, mi venne incontro un uomo dimesso, minuto, dai modi nobili e nello stesso tempo fuori dal tempo: aveva in sé una carica umana, un carisma, una personalità che mi carpirono subito in un vortice di sensazioni quasi oniriche, ma reali; un emozionante impatto che mi fece subito comprendere la sua grandezza. Il suo parlare timido e discreto, quasi sottovoce si districava nell’ovattata casa paterna, in cui il disordine alimentava la sua creativa vena artistica, mentre gli oggetti sparsi nella penombra suggerivano motivi di ispirazione alle tele del maestro. Sulle colline, che circondavano il paese, calava la sera; il maestro certo di poter ancora ultimare il suo lavoro accelerava l’impegno nella luce flebile che penetrava dalle finestre affacciate sul giardino di casa Cefaly. Quella luce, come per incanto, veniva catturata dalle sue mani, in una sintesi perfetta di gesti istantanei trasferita alla tavolozza insieme ai colori e poi sulla tela con morbidi pennellate, con tocchi rapidi e disomogenei, riuscendo davanti ai nostri occhi a compiere uno dei suoi tanti prodigi artistici. Il volto gli si illuminava quasi a manifestare nella creazione sulla tela una divina intercessione, le narici intensamente espressive e le ciglia arcuate davano dimensione al suo impegno nel raggiungimento del culmine pittorico. Durante il suo lavoro un silenzio irreale penetrava nei nostri corpi, nelle cose, quasi congelando ogni attività: nella grande stanza, che fungeva da studio e soggiorno, sembrava che la vita avesse imposto una pausa, un momento di attesa, il preludio ai gesti del maestro, alle incantevoli mani che sortivano meraviglie, cancellando ogni nostra ansia, ogni affanno per il tempo trascorso immobili e muti. Per noi affezionati a quel grande uomo, si faceva fatica a restare fermi, insensibili, privi di anima artistica; era interessante osservare tutti i passaggi che don Andrea (come era da noi chiamato) compiva per finire la sua opera. Era straordinario il fatto che un uomo, apparentemente inerme e piccolo come lui, avesse una forza interiore enorme, che si leggeva nei suoi dipinti e nei colori che imprimevano al soggetto immortalato grande energia, una simbiosi di carica vitale e di tono, tensione emotiva e simbolismo pittorico. Di tanto in tanto, quasi come per spezzare l’ansia e l’attesa creata in noi nel vederlo dipingere, si lasciava andare a brevi monologhi sull’arte, le sue esperienze Casoratiane, ai lunghi anni trascorsi a Cortale dopo la guerra e molto raramente, solo se veniva sollecitato, a divagazioni sulla pittura. Non parlava mai delle sue esperienze affettive, delle delusioni che ebbe forse per un amore non ricambiato per una donna che, nei lontani anni torinesi, faceva parte del suo gruppo nello studio Casorati e che, probabilmente, causò il suo distacco da quella realtà, tanto da decidere definitivamente il ritorno a Cortale. Una ferita, come apparì a molti, che probabilmente modificò la sua vita e l’ottica dalla quale il Maestro era solito distinguere le cose. Anche l’artista, che talvolta è in grado di scindere la sua professione dal contesto e dagli affetti che animano le sue giornate, in quel frangente produsse la rottura con un mondo in cui tutto veniva rifiutato, cancellato: l’abbandono dello studio Casorati (1927) si tradusse in una fase pittorica nuova, documentata da una rinnovata fase impressionistica meno rigida, meno formale, più personale, ispirata a dei canoni che privilegiavano lo spirito interpretativo di chi osservava, dando energia e colore alle opere. La grande umanità di Cefaly era proverbiale, certamente caratteriale e non esercitata dall’importanza e dal prestigio della sua famiglia. Egli in paese veniva stimato e ossequiato da tutti, era frequente assistere ,quando il Maestro usciva sulla strada, al popolo tutto che omaggiava l’illustre concittadino e lui, molto timidamente ma con fare rispettoso, si toglieva il cappello in segno di saluto e ringraziamento, non prima di aver chiesto notizie e ricevuto assicurazione sulla salute dei familiari del conoscente di turno. Le sue giornate erano un avvicendarsi di un numero imprecisato di amici; arrivavano dai luoghi piu’ remoti senza distinzione di stagione o di tempo, talvolta legati a lui da sincera e incondizionata amicizia, talvolta desiderosi di ricevere in dono una tela del maestro, che lui spontaneamente regalava anche a chi non gliela chiedesse. Nella sua dimora era usuale brindare con tutti con un liquore, che teneva sempre pronto per i suoi numerosi ospiti: quasi un rituale che serviva a trasformare quell’incontro in festa, in conviviale partecipazione, in una sorta di brindisi augurale per la salute del Maestro. Era raro, ma non inusuale, incontrare nello studio la sua donna: Caterina, una vecchina simpatica, arguta, di modi ancora semplici e paesani, ma dal grande cuore e dalla genuina ospitalità: era lei che spesso invitava la gente a prendere posto e a intrattenerla quando il maestro dipingeva. La prima impressione vedendoli vicini è che ci fosse una sintonia sottile, quasi di complicità nascosta tra di loro; nei lunghi silenzi gli occhi dell’artista si posavano sul volto di Caterina in espressioni di estasi: una simbiosi d’intenti, di emozioni reciproche e di tenera gratitudine, quasi a volerla ringraziare per la sua presenza sempre cara e voluta. Ella essendo stata la moglie del vaccaro, che prestava servizio per la famiglia Cefaly , al tempo del padre di don Andrea, manteneva abitudini di ossequio e completa stima verso il maestro, tanto che usava rivolgersi a lui chiamandolo “U Signurinu”. Un rispetto e una dedizione che il tempo non aveva intaccato, anzi era pian piano cresciuta di valore mutando in una forma rara di sentimento, di amorevole compagnia, necessaria condivisione del proprio mondo e scrigno di quelle esperienze vissute nella vita insieme. Caterina era sempre presente nei pensieri di don Andrea, che si premurava per la sua salute, per i suoi bisogni e addirittura era solito inviare qualcuno quando non vedeva per qualche giorno quella sua donna, provvedendo ad eventuali bisogni e disponendo per lei. Le visite al suo “Signurinu” negli ultimi tempi si erano diradate, anche per gli acciacchi che non gli consentivano di spostarsi come un tempo; nei loro brevi incontri si percepiva comunque la gioia per l’altro, nel saperlo ancora vicino, felicità palpabile come gli occhi lucidi dei due vecchi innamorati che, nel silenzio, esprimevano nei gesti e nelle piccole carezze quello che di grande c’era nei loro cuori. Alla fine della giornata, quando le luci del piccolo borgo si accendevano e le case si affacciavano timidamente con i loro profili sulle stradine vuote, il profumo dei camini accesi s’impadroniva dell’aria. In questa atmosfera il Maestro ci accompagnava alla porta dello studio, lungo il corridoio che dava sul terrazzo ringraziandoci per la visita. Un caloroso abbraccio segnava la fine dell’incontro. Nel lasciarci il suo sguardo s’illuminava per l’ultima volta seguendo i nostri passi lenti, nel silenzio.

mercoledì 2 gennaio 2008

IL MALE OSCURO: LA CALABRIA OGGI


Il male oscuro.
Nel titolo una citazione di un libro del grande scrittore Giuseppe Berto, che seppe amare una Regione desolata e unica come la Calabria con gli eccessi propri della sua gente e dei suoi luoghi aspri e incontaminati. Una terra dicevo maledetta, pochi sanno di questo lembo peninsulare che si affaccia per ben 700 km sulle coste dei mari Jonio e Tirreno; dei suoi contrasti geo-morfologici e della bellezza selvaggia di terre che appaiono lontane dal mondo. Nessuno meglio degli emigranti, che l'hanno lasciata e agognata, può delinearne i contorni fatti di miseria, di duro lavoro che non rendeva niente e, di patimenti sostenuti fino all'abbandono delle proprie case per tentare una nuova sorte, chi in America e chi in Europa, ma tutti con lo stesso unico intento: guadagnare e provvedere senza ulteriori sofferenze e drammi al sostentamento delle famiglie. La Calabria non è cambiata, ancora preda del suo torpore e dei giochi di potere che come sanguisughe sottraggono linfa vitale al proprio futuro; non c'è futuro in questa Regione che spreca risorse e uomini per un massacro generato dall'inettitudine del suo popolo, dalla poca lungimiranza politica degli stessi uomini al potere riproposti ciclicamente per appropriarsi di denaro e lasciare alle spalle solo fumo, parole, desolazione. La Calabria è tra le Regioni italiane con il più alto tasso di disoccupazione, il clientelismo e il nepotismo imperano, in una sorte di giostra generazionale che ricambia i suoi attori non mortificandone la progenìe.

LA SILA PICCOLA, UN LUOGO DIMENTICATO DAL TEMPO


Tempi che hanno la polvere dei ricordi, il fascino della memoria che ci sovviene per allontanarci da quello che nefasto ed oscuro turba le nostre coscienze e, senza tanti perche’, ci immola sulla strada lenta che conduce all’annullamento edonistico della vita. Non basta questa premessa a definire un sogno, un sogno svanito che potrebbe essere ancora attuale, oggi, domani, ricordare la magia di un luogo a tutti caro, amato, desiderato con ogni intento ma mai rispettato abbastanza: Villaggio Mancuso. Ancora oggi questo luogo evoca un qualcosa di arcano e prodigioso nello stesso tempo, una parola che è suono, ninna nanna, sinfonia di pace e meditazione per i suoi villeggianti. Adagiato sull’Altipiano Silano, in una posizione molto felice a ridosso del Parco Nazionale della Sila e circondato da una catena di lenti declivi, e corsi d’acqua che percorrono nella quiete dei pascoli un lungo tratto fino a ridiscendere a valle, esso ha rappresentato per la collettivita’ Catanzarese uno dei ritrovi turistici piu’ ambiti e ricercati degli ultimi cinquant’anni, immerso come oasi di verde e ristoro per tutti coloro che desiderassero, specie in estate, un fresco ricovero lontano dalla calura cittadina. Lo ricordo, appena ragazzo negli anni settanta, come centro pulsante della Sila Piccola, immerso candidamente nelle sue casette di legno colorate, dai tetti spioventi, e fiabesco luogo d’inverno quando la neve abbondante ricopriva di bianco ogni cosa, nel silenzio ovattato dell’inverno che, come madre premurosa, intendeva preservare le vite dei suoi numerosi e preziosi abitanti in un dolce e lungo letargo. L’aria salubre, l’odore degli abeti e dei pini larici e quello dei camini fumanti nell’aria gelida e cristallina, davano una connotazione unica al Villaggio, emozioni e sentimenti che solo la nostra memoria puo’ sfiorare, senza peraltro offuscarne la purezza e la bellezza. L’incantevole Sila colpiva chiunque avesse, nel guardarla, gli occhi di un bambino, di una sposa innamorata, di una madre che guarda il figlio sposandone l’immagine a lei cara e fondendo quei sentimenti nel piu’ puro dei gesti. Il nostro sguardo meravigliato era colpito da quella ricchezza, dalle forme del paesaggio che lievi e tondeggianti allenavano la vista fino all’ultimo colle, oltre ai laghi e alle nuvole bianche che rincorrevano le loro sagome riflesse. Nel dominio incontrastato dei boschi, avveniva la fusione, la simbiosi tra l’uomo e la natura, una sorta di rispetto reciproco, una rara forma di concordato ecologico che sottraeva ogni bene terreno alla indole di solito aggressiva della specie umana. In quegli anni difficilmente la Sila veniva lasciata abbandonata a se stessa, come è facile riscontrare oggi, il solco che il tempo ha tracciato non potra’ cancellare un’ansia nel visitatore, la stessa ansia pregna di dolore, rabbia, insofferenza per un posto scalfito, abbrutito , innegabilmente violentato dall’uomo che ha deturpato la sua stessa anima. Un mare di cemento ha inghiottito il nostro sogno, separato la nostra coscienza pura e idealistica dal suo naturale approdo, dal mare di sentimento che si nutriva per un posto a tutti caro, che regalava emozioni e gioia senza far perdere il sapore delle cose semplici che ricercavamo nella quotidianita’.