Una mano, un gesto
tra lamenti e disperazione
tra i palazzi
crollati nel vuoto,
tra le vite recise
una ad una
senza un perché,
sono padre
e figlio,
sono anche fratello
e amico
della gente d’Abruzzo,
il loro pianto
è il mio pianto,
l’anima squarciata
nel silenzio,
nell’attesa
che il tempo
riprenda la sua
corsa inarrestabile.
La morte
è là
cristallizzata
negli sguardi fermi,
nei corpi polverosi
del presente,
il pianto lontano
che riemerge
senza più
nessuno ad ascoltarlo,
non ci sono
più lacrime,
solo macerie
a calpestare
quelle genti
nobili e sane,
a rendere vano
l’ultimo respiro.
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